In futuro le città saranno molto più grandi e popolate e anche le aree verdi dovranno seguire nuovi modelli che siano innovativi e sostenibili. A partire dai prati.
Secondo una stima Onu, e molti studi sulle trasformazioni urbane lo confermano, entro il 2050 il 75% della popolazione mondiale abiterà in una grande città.
Un’urbanizzazione fuori controllo che genera tante “non-città” con le quali bisogna fare i conti già adesso: la distinzione tra centro cittadino e zone periferiche viene di fatto superata, su larga scala le province vengono pian piano fagocitate dalle città metropolitane e nuovi modelli di verde urbano si rendono necessari per rispondere alle emergenti configurazioni urbane.
NON C'E' PARCO SENZA PRATO
Per fortuna gli "anticorpi" sono già in circolo. Proprio il consumo di suolo e la pressione antropica hanno determinato la necessità primaria di migliorare la qualità della vita in ambito urbano. Non mancano, neanche in Italia, innumerevoli esempi e iniziative volte a favorire il miglioramento e la diffusione di verde e alberi: censimenti arborei, pianificazioni territoriali, gestioni programmate delle manutenzioni, compensazioni e mitigazioni verdi, parchi cittadini, boschi verticali e via dicendo. Se questo è un segnale positivo, altrettanto non si può ancora dire dei prati, un bene comune poco valorizzato e ancora troppo sottovalutato.
Eppure non dovrebbe essere difficile comprendere l’impatto che i prati hanno sulla vita delle persone: rappresentano lo spazio outdoor per eccellenza, sono i luoghi in cui bambini e ragazzi giocano più volentieri e in cui gli adulti si dedicano alla socialità. In una parola sono insostituibili. Vi immaginate superfici analoghe per la ricreazione in plastica? Orrore.
Ma anche il prato urbano di domani per essere sostenibile dovrà rispondere al quadro in divenire, ricercando nuove linee guida e buone pratiche da seguire. Per anni il mantra si è limitato a “se vuoi un bel prato, aggiungi più sabbia alla terra”. Poi c’è stata l’era dei fertilizzanti e dei pesticidi, da aggiungere in quantità industriali. Oggi la ritrovata coscienza green ci ha indotti a riflettere sul fatto che la formula “+ sabbia + acqua + pesticidi + nutrizione + macchinari + cure” ha creato una spirale insana che semplicemente non funziona. Che senso ha un prato esteticamente perfetto se inquina, se induce allo spreco idrico e se rappresenta una continua fonte di costi e problemi?
RIPARTIRE DAL SEME
Ben vengano quindi le innovazioni sulle metodologie di gestione - e Ambrogio Robot rientra di buon diritto in questa categoria - che migliorano la qualità dei tappeti erbosi senza porre questioni etiche ed economiche, ma che al contrario costituiscono delle buone pratiche. Tra l’altro il robot rasearba di Zucchetti Centro Sistemi, grazie a un taglio costante, migliora giorno dopo giorno la densità delle piantine, che accestiscono prima e meglio, e riduce notevolmente l’utilizzo di acqua e fertilizzanti, grazie al riutilizzo degli scarti del Taglio Mulching.
Ma prima ancora bisogna cambiare approccio. I segnali ci dicono che i criteri di selezione di un tappeto erboso non dovrebbero essere meramente estetici (foglia sottile, colore scuro, ecc..) ma dovranno dare risposte a necessità reali: bassa manutenzione, sostenibilità, efficienza idrica ed energetica, qualità e stabilità. E in questo senso la scelta delle piantine deve diventare la base di partenza. Oggi i prati si basano su 4 o 5 specie al massimo (le principali: Festuca arundinacea, Poa pratensis, Lolium perenne) a fronte di una famiglia, quello delle Poaceae, che ne comprende migliaia per un potenziale genetico immenso ma ancora imbrigliato.
Per questo motivo la selezione di specie sempre più resistenti ed efficienti dal punto di vista idrico, caratterizzate da una crescita contenuta e da una buona competizione contro le infestanti, dovrà diventare l’obiettivo primario della ricerca nel corso dei prossimi anni. Pensate, per fare un esempio sull’efficienza idrica, alla differenza che corre tra una piantina con un apparato radicale superficiale di 5 cm e una che invece può penetrare nel terreno fino a 50 cm. È su temi come questo che si gioca la partita.
Landscape designer e cultore di nuove tecnologie. Mi divido tra il mondo dei magazine e la progettazione dei giardini in ogni sua forma, che realizzo insieme allo studio Lefty Gardens del quale sono co-fondatore.
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